top of page

Sopravvivere allo squalo Agiail



Sono sempre piuttosto reticente ad esprimermi sull'Agiail. Scrivo questo sostantivo anglosassone come si pronuncia, per non confonderlo col più nobile e significativo aggettivo della lingua italiana "agile". L'aggettivo agile deriva da agilità, una delle qualità che rende le persone capaci di superare gli ostacoli e scampare i pericoli. Mentre il sostantivo Agiail è sostanzialmente una marchetta che trae origine da un più lodevole movimento di visionari che, circa venti anni fa, hanno riscritto il modo di fare software.

L'Agiail oggi è una taumaturgica metodologia buona per tutto. Fior di consulenti, sempre a caccia di nuove panacee da vendere, spingono l'Agiail a forza in ogni contesto. La cosa interessante è che, nove volte su dieci ci riescono.

Le aziende, annaspando in una profonda crisi da cui non sembra possibile uscire, vedono l'Agiail come una scialuppa in mezzo alla tempesta. E a volte lo è davvero. Ma molto più spesso è la schiena di uno squalo, circondato da una miriade di pesci pilota e altri parassiti, pronto ad azzannarti se non ci stai davvero attento.

L'Agiail gode dell'ampiezza di significato dell'aggettivo da cui origina e dal grande successo del movimento software che per primo lo ha adottato. Il resto è solo una grande operazione commerciale globale, in questo momento, difficile da arginare.

L'Agiail è un catalogo di prodotti di dubbia utilità. Una tempesta mediatica che è solo un lontanissimo riverbero dei valori che mossero i primi pionieri che coniarono il termine. Già, i valori appunto. Quella fonte originale, quella culla metafisica che definisce il nostro modo di pensare, i nostri criteri di giudizio e condiziona le nostre scelte.

Anche i sottoscrittori del manifesto Agiail ne avevano e li avevano già prima di iniziare. Bellissima la testimonianza di Jeff Sutherland nel libro Fare il doppio in metà del tempo. Per essi l'Agiail era fatto di carne e sangue, lo vivevano tutti i giorni, lo alimentavano col proprio lavoro e con la loro abnegazione. 

Ma poi, come sempre accade alle grandi idee, è stato mercificato. E, nello scambio di mano in mano, se ne è perso lo scopo, l'autenticità. A lungo andare è stato travisato, manipolato, distorto.

Oggi è quello che è. Se provassi a fare una ricerca su Google, troveresti riferimenti a metodologie, corsi, certificazioni, consulenti. Chi più ne ha più ne metta e di quei valori neanche l'ombra. 

Personalmente a quei valori ci credo, non perchè un bel giorno ne sono stato persuaso, ma perchè coincidono con i valori che da sempre mi hanno guidato in ogni cosa. In un momento storico in cui anche la mia azienda, nel suo percorso di trasformazione digitale, ha intravisto nell'Agiail una possibilità, non posso certo tirarmi indietro. Né voglio criticare la scelta. Ma, nel mio piccolo, per quanto mi è possibile, non rinuncerò a promuovere quei valori, a mettere tutti in guardia dai pericoli di stare attaccati alla schiena dello squalo.

Non rinuncerò a indicare a tutti un'alternativa. Una zattera oggi, una ammiraglia domani, che si chiama Agilità

L'Agilità è una qualità personale che trova la sua massima espressione a livello collettivo.

Non è un processo da seguire, non è una metodologia con cui operare, non è un set di strumenti e non è l'ultima moda in fatto di management.

L'agilità è il rendersi conto che, in un mondo che cambia a velocità esponenziale, nulla è più prevedibile. Gestire il proprio business scommettendo sulla capacità di prevedere cosa accadrà significa pianificare la fantasia.

Così, creare valore, in una realtà che diviene ogni giorno sempre più complessa e mutevole, impone un netto cambio di paradigma. Per un'azienda significa cambiare il modo di organizzarsi, cambiare i processi, cambiare i criteri con cui si fanno le scelte. Creare valore, in una realtà così, richiede un'Agilità organizzativa, operativa ma, soprattutto, intellettuale e culturale. 

L'agilità non è un modo di agire ma un modo di essere. Non è qualcosa che si può comprare e acquisire dall'esterno ma un cambiamento che germoglia dall'interno. 

Siamo tutti stati educati all'efficienza, cioè alla capacità di massimizzare il lavoro rispetto al tempo. Fare di più in meno tempo è sempre stato il mantra. Il focus è sul fare. La realtà invece ci sta insegnando che il mercato non premia chi fa di più. Non premia i volumi, la quantità. Il mercato premia chi fa la cosa giusta, velocemente e di qualità.

Il mercato premia l'efficacia, ossia la capacità di massimizzare il valore di quello che facciamo. 

Essere efficaci significa fare le scelte giuste e tempestive. Significa che in contesti di risorse scarse si opera puntando all'essenziale, cercando la crescita incrementale, a piccoli passi. Tanti piccoli esperimenti che ci permettano di seguire la volubilità del mercato minimizzando il rischio associato al fallimento e imparando da esso.

Essere efficaci significa lavorare affinché i nostri risultati siano l'affastellarsi di tanti piccoli successi, di tanti piccoli incrementi di valore. 

L'agilità richiede partecipazione, esige la responsabilità di tutti cioè la disponibilità di mettersi in gioco. Cosicchè ogni azione, ogni decisione, ogni scelta nasca da un lavoro insieme.

L'agilità esalta la collaborazione e i valori individuali, permettendo a questi di liberarsi e orientarsi verso un'unica direzione generando capacità sorprendenti. 

L'agilità cambia la cultura tradizionale che spinge alla competitività, alla circospezione, alla diffidenza. E la soppianta con una cultura delle trasparenza, della franchezza, della fiducia e della libertà di espressione.

L'agilità ci spinge a dare il meglio di noi, di metterlo al servizio degli altri. 

Ma te lo immagini un posto così? Un posto in cui un gruppo di persone si dedica alla creazione di valore per sé e per gli altri, con la gioia di spendere i propri talenti in un clima di trasparenza e libertà? Un luogo così è davvero un bel posto in cui stare. Chi ci è passato lo sa bene.

La vita non è solo quello che accade dopo aver chiuso la saracinesca, timbrato il cartellino o varcato l'uscita dell'ufficio. Si può essere felici anche sul lavoro

L'Agilità non è la soluzione a tutti i problemi che questa crisi ci fa piovere addosso, e probabilmente da sola non basta.

Ma perseguirla è certamente un bel tentativo. E, credo, valga la pena di provarci.


Un caro abbraccio e... occhio agli squali ;-)


Nico Spadoni

66 visualizzazioni0 commenti
bottom of page